Morena Capurso

Operatrice Socio Sanitaria (O.S.S.)

Morena Capurso, quando il lavoro è passione. Da volontaria a operatrice

Il testimonial perfetto per la Cooperativa Frassati? È Lei! Morena Capurso. Quando racconta la sua storia, dall’arrivo come volontaria all’opportunità di trasformare quella presenza generosa in una professione, le brillano gli occhi. Non riesce a mascherare la passione e l’orgoglio che la animano nel fare il suo lavoro e nel farlo proprio qui, dentro la sede storica di Strada della Pellerina, che è il cuore pulsante della cooperativa.

Morena, come hai conosciuto Frassati?

È stato per caso. Ma forse dovrei dire per destino. Era il 2016 e in quel periodo avevo scelto di non lavorare, per occuparmi a tempo pieno dei miei figli. Da poco era scomparso mio padre, e insieme a lui mi era venuto a mancare il rapporto con la terra, che prima mantenevo grazie al suo piccolo orto.

Potrà sembrare banale, ma la terra mi ha sempre trasmesso un senso di sicurezza e benessere. Sentivo il bisogno e il desiderio di un angolo verde da coltivare. Così, quando un giorno ho visto la fotografia di un gruppo di giovani donne sedute in mezzo alle cassette di verdura, ho pensato: “voglio essere una di loro”. E “loro” erano alcune socie della Cooperativa Frassati all’interno della punto vendita dei prodotti agricoli legati al progetto “Fattoria Sociale”. Abitavo – e tutt’ora abito – a poche centinaia di metri dalla sede, e decisi di bussare a quella porta.

Ma non ti hanno proposto di andare a zappare…

Mi sono offerta come volontaria per dare una mano nell’orto, ma mi hanno spiegato che l’attività era affidata agli operatori e agli ospiti del CAD – Centro di Attività Diurne per persone disabili – Cascina La Luna, e che non avevano bisogno di aiuto in quel momento. Però forse volevano darmi un’altra possibilità di essere utile, così mi hanno chiesto se avevo abilità nelle attività manuali. E io, che ero abituata a collaborare con le scuole dei miei bambini, ho accettato di provare, anche se l’idea mi intimidiva. Non avevo nessuna esperienza con la disabilità, ma è bastato il primo laboratorio artistico a farmi affezionare all’ambiente.

Eccoti arruolata volontaria! E poi?

Poi arriva il Covid, inizio a fare delle riflessioni sul futuro e decido di iscrivermi al corso di formazione per Oss. Immagino di cercare lavoro in una Rsa: ce ne sono di molto vicine a casa, e la pandemia ha reso evidente il bisogno di cure, non soltanto mediche, per le persone anziane. Sento di poter essere “efficace” in quel contesto, dove vorrei portare un approccio affettuoso e umano. Ma il tirocinio in R.S.A., alla fine del corso, mi spiazza: i ritmi di lavoro e il carico emotivo sono forse troppo per me… A quel punto, la sorpresa: mi dicono che c’è un posto da Oss scoperto proprio qui al CAD. Sembra davvero troppo bello per essere vero. E continua a sembrarmi così anche adesso.

Allora raccontaci tutta questa bellezza!

Mi piace lo stile informale e familiare, l’affiatamento dell’équipe di lavoro. Ci sono due educatori, un’animatrice, un formatore ed io, ma tutti facciamo un po’ di tutto, anche fuori dai ruoli prestabiliti. C’è fiducia reciproca e capacità di rispondere agli imprevisti. E per me, che mi sono affacciata alla professione in età matura, è stupendo imparare dai colleghi, anche quelli più giovani, così competenti e pieni di energie.

Un altro aspetto positivo è la collocazione qui in cascina. Oggi la Fattoria Sociale non esiste più, se non in forma molto ridotta, ma resistono le attività agricole proposte agli ospiti del CAD, che danno grandi soddisfazioni e sono impegnative ma rilassanti: per loro, e per noi. Sono anche un fattore di aggregazione con i colleghi dell’amministrazione, che sono felici quando possono acquistare qualche prodotto fresco. Si vede che ci vogliono bene, che siamo tutti parte della stessa famiglia. C’è davvero un bel clima.

E con gli ospiti del CAD come ti trovi?

Beh, loro sono il “pezzo forte”. Alcuni li conosco da quando facevo la volontaria. Hanno le loro particolarità, bisogna sapere come prenderli. Ma sono fantastici, ognuno a suo modo.

Che tipo di disabilità gestite?

Sono persone adulte con disabilità psichica lieve, di età molto variabile, dai 26 ai 63 anni. Al momento abbiamo 17 accoglienze attive con un bel nucleo di ospiti storico, molto affidabile. Si sorvegliano fra di loro, se così si può dire… Quando qualcuno ha un momento di debolezza o intemperanza, gli altri ti vengono ad avvisare.

E cosa si fa durante la giornata? A parte zappare…

Le attività agricole – che sono aggregative e formative, non professionali – si svolgono al mattino, poi si cucina insieme e insieme si pranza, si fanno le pulizie. Al pomeriggio proponiamo laboratori artistici, espressivi, artigianali. Cerchiamo di scegliere insieme anche a loro che cosa fare, e alcune proposte sono molto apprezzate. Ad esempio nell’ultimo periodo sono riuscita a coinvolgere tanti ospiti nel laboratorio di cucito.

Gli ospiti ricevono anche, mensilmente, un piccolo “gettone di presenza”, che li aiuta a responsabilizzarsi e imparare il valore del denaro. Perché, anche se tutti o quasi vivono insieme ai familiari, che li supportano nelle necessità quotidiane, è importante che conquistino delle piccole autonomie.

Qualcuno che ti è entrato nel cuore?

Tanti! Ad esempio A. ed E. che si sono conosciuti nel servizio e che da ormai tanto tempo si frequentano anche all’esterno. Lui è un tipo serio, pacato, grande giocatore di bocce. Lei molto più irrequieta, e quando ha una giornata storta se la prende con tutti, a partire proprio dal suo fidanzato. Che pazientemente sopporta.

Poi c’è F., fissato con il meteo. Se piove, va in tilt. Ma anche solo a sentir parlare di cattivo tempo comincia ad agitarsi… Quando il cielo si rasserena, torna sereno lui pure. 

C. è un ragazzo con sindrome di down che qualche volta prende e se ne va. Ma non lontano. I suoi amici lo “denunciano” prima che abbia svoltato l’angolo!

Trovi queste qualità valorizzate all’interno del mondo Frassati?

Certo, per me è ovvio che dentro Frassati si debba dimostrare di svolgere il proprio compito sempre con quell’attenzione in più al benessere del paziente e all’armonia del contesto intorno. Non siamo tutti uguali, e ciascuno può avere delle difficoltà nel conciliare aspirazioni personali e impegno professionale, dei periodi di maggiore fatica… Però in Cooperativa vieni messo in condizione di vedere le ricadute dirette del tuo impegno. I riguardi richiesti verso i pazienti, devo dire, sono riservati anche ai lavoratori.

Tre parole per descrivere il tuo rapporto con il lavoro qui in Frassati.

La prima è EMPATIA. Io al lunedì mattina mi alzo contenta, non mi pesa per niente venire al lavoro. Anzi! E so che per molti non è affatto scontato. Credo sia merito del clima amichevole che c’è qui, dei rapporti distesi e sinceri.

La seconda parola è COLLABORAZIONE. Non mi sento mai da sola. So che posso chiedere aiuto, sia per le cose pratiche che per interpretare le situazioni.

La terza parola… SODDISFAZIONE! Soddisfazione nei rapporti umani che si instaurano coi colleghi, nel vedere i ragazzi del CAD che si interessano alle attività che proponi, e anche nel vedere i prodotti del nostro impegno insieme, che mi sembrano apprezzati da chi li riceve.

Vero! Ai mercatini di Natale vanno subito esauriti. Ma, nel passaggio da volontaria a dipendente, che cosa hai potuto notare?

Che c’è sempre spazio per migliorare e introdurre elementi innovativi. Qui non esiste la logica del “si è sempre fatto così”: se hai un suggerimento per fare le cose meglio, o farne di nuove, è sempre bene accolto. Ci si sente ascoltati, valorizzati. Io ho dovuto imparare questa dimensione di condivisione delle idee: all’inizio non mi era così chiaro quanto fosse importante confrontarsi anche sulle scelte all’apparenza più banali.

Ecco, se posso aggiungere una quarta parola direi ARRICCHIMENTO. È così che vivo il lavoro. Non un arricchimento economico, ma di conoscenze. Anche se ho allevato tre figli, ho scoperto di avere ancora molto da imparare sui rapporti educativi. Da mamma, sebbene sappia che qui non è questo il mio ruolo, ho a volte la tentazione di aiutare in tutto. E invece è importante uscire dall’ottica assistenziale, per responsabilizzare le persone. Possono sembrare banalità, a chi magari viene da quel tipo di formazione. Ma per me è davvero stimolante crescere nel confronto con colleghi eccezionali.

Ti piacerebbe diventare socia?

Sì, ci sto pensando! È una scelta che va presa sul serio: diventare “imprenditori di sé stessi” e avere parte nelle scelte gestionali della Cooperativa non è una responsabilità da poco. Però è un’idea che piano piano si sta facendo strada…

Domanda bonus: hai ancora qualcosa da aggiungere?

Vorrei sottolineare la grande apertura del servizio in cui lavoro, che mi sembra realizzi bene l’obiettivo interno dell’integrazione. C’è un bellissimo dialogo con i colleghi degli uffici, ormai abituati a ricevere interi plichi di disegni in regalo dai ragazzi del CAD, anche nei momenti meno opportuni. Al martedì facciamo un laboratorio in una scuola materna, e la collaborazione fra i nostri ospiti e i bimbi è stupenda. Stiamo iniziando a pensare a delle interazioni con Alchemica. Poi ci sono le feste qui in Cascina, un paio di volte l’anno, che diventano l’occasione per conoscersi con tante persone degli altri servizi.

Io in Frassati mi sento come in famiglia. Quasi non mi sembra di venirci a lavorare… E anche se le giornate pesanti non mancano, non mi porto mai a casa preoccupazioni o sentimenti negativi. Quindi, se mi concedete un’ultima parola, dico GRATITUDINE. Per aver creduto in me, e per continuare a riempirmi la vita di tutta questa bellezza.

Entra anche tu nel TEAM FRASSATI!

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