Isabella Floccari

Responsabile Area Amministrazione

Isabella Floccari è da quasi un anno la responsabile del settore contabilità Frassati. Ma è dipendente e socia della cooperativa da molto più tempo.

“Sono entrata qui nel 2002, insieme all’Euro” dice scherzando. E subito mette in luce la capacità di trasformare i numeri, materia per molti ostica e fredda, in qualcosa d’altro: indizi, mattoncini, amichevoli compagni di viaggio.

Raccontaci il tuo percorso in Cooperativa, fino al ruolo che ricopri attualmente.

Ricordo benissimo la selezione che ho fatto a novembre 2001, davanti ad Amelia Argenta, Claudia Ottino e altri coordinatori. Era un colloquio di gruppo: una ventina di persone per quattro posizioni aperte. Non mi aspettavo di essere richiamata e invece…

Io venivo da un precedente lavoro nell’amministrazione di un grande ospedale e poi nell’ufficio contabile di un’azienda. Ruoli che avevo svolto volentieri. Qui mi fecero fare una prova in segreteria e poi in contabilità, dove venni assunta.

Era un periodo di espansione per la Cooperativa, stavano entrando nuovi appalti.  Oltre agli operatori direttamente impegnati nei servizi, serviva potenziare il settore gestionale, per reggere la sfida.

Ho fatto in tempo a vedere questo salto, dal piccolo, al medio alle grandi dimensioni che abbiamo ora.

Non soltanto vederlo, ma diventarne protagonista.

Beh, in realtà, quello dell’ufficio contabilità è un lavoro dietro le quinte, un lavoro che “non si vede”. Sul quale però in effetti si regge tanto del resto.

Quindi sì, mi sento di aver contribuito al successo della Cooperativa negli anni. E se proprio vogliamo pure da protagonista, perché il senso della cooperazione è che protagonisti si sia proprio tutti, giusto? Infatti fin da subito ho scelto di diventare anche socia: nel 2003, appena assunta a tempo indeterminato. Non l’ho vissuto solo come un investimento economico, ma personale: volevo sentirmi corresponsabile dell’andamento della Cooperativa.

Di che cosa ti sei occupata in questi oltre vent’anni, concretamente?

Ho sempre seguito il ciclo attivo: nuovi appalti, fatturazione, rendicontazione. Ho gestito i contatti con clienti pubblici e privati, coordinatori d’area e responsabili dei singoli servizi.

All’inizio la Cooperativa funzionava come un arcipelago di piccole isole: ogni coordinatore aveva in carico l’“economia domestica” dei suoi servizi, con la preoccupazione di rendicontare le uscite e non superare i budget di spesa. Ma era tutto piuttosto rudimentale, molto manuale ancora, non esisteva un controllo di gestione.

Col tempo parecchi aspetti sono cambiati, sia per l’introduzione degli strumenti informatici, sia per la necessità di avere una supervisione più rigorosa, perché gli appalti andavano aumentando, cresceva il personale e di pari passo la necessità di avere una liquidità adeguata.

Dalla carta al digitale, dal “buon senso” al controllo di gestione. Come si affrontano dei cambiamenti così radicali?

Il primo per me è stato fantastico. Il mondo dell’informatica mi ha sempre incuriosita. Mi piaceva investire del tempo a capire le innovazioni, studiare i nuovi software gestionali che via via abbiamo utilizzato. Così si è diffusa la voce che ero quella che “ne capiva di computer”. E mi sono ritrovata un ruolo extra da esperta informatica d’emergenza: “Isa non funziona questo, si è bloccato quello”.

Avevamo una Aranzulla in ufficio senza saperlo!

Insomma… Però è vero che quando una cosa la fai con interesse, perché vedi i miglioramenti che comporta, i risultati arrivano.

Stessa cosa per il controllo di gestione.

Forse soltanto adesso, con questo nuovo ruolo di responsabile che ancora mi crea qualche difficoltà, apprezzo fino in fondo i passi da gigante in materia di coordinamento contabile che abbiamo fatto.

Prima, come tutti dentro l’ufficio, ero abituata a vedere “un pezzettino”, cioè quella fetta di servizi che stavano sotto la mia diretta responsabilità. Adesso sono obbligata ad avere una visione a 360°. E capisco quanto sia importante trasmettere un’attitudine al rigore a tutte le diramazioni della Cooperativa, senza far mancare il supporto di chi, con le cifre, è più abituato a dialogare.

Noi cerchiamo di essere sempre disponibili verso i servizi e, allo stesso tempo, siamo obbligati a incalzarli su alcune cose.

Ad esempio cosa?

Abbiamo quasi 800 lavoratori. Molti di loro si trovano a gestire risorse della Cooperativa, a fare acquisti da cui dipende l’operatività quotidiana dei servizi. Queste persone devono sapere dove comprare, quando chiudere la cassa ecc., e mandarci i loro dati in tempo reale. Quei dati servono per fatturare ai committenti. E dal tempismo nella fatturazione dipendono i tempi dei pagamenti degli appalti, che sono vitali per la sopravvivenza di Frassati. 

Gli obiettivi di sviluppo sono spesso molto chiari. Le risorse disponibili per realizzarli, non altrettanto. Sta a noi garantire che ci sia sempre un flusso di cassa adeguato. E all’interno dell’ufficio è importante procedere in parallelo, avere sempre sott’occhio la situazione finanziaria complessiva, perché i disallineamenti creano incertezza.

Molti pensano che la contabilità sia un lavoro sterile. Soprattutto se comparato alle difficoltà, ma anche le emozioni e soddisfazioni che vive chi pratica il lavoro sociale “sul campo”. Cosa rispondi?

Che ci si può emozionare anche costruendo un progetto destinato a vincere un’importante gara d’appalto. Immaginare il servizio che si desidera proporre, pensarlo nella sua operatività.

Io mi sento a pieno titolo una lavoratrice sociale. E in questo mi ha aiutato molto condividere per tanti anni gli spazi di lavoro anche con servizi e comunità. Oggi con la digitalizzazione e il trasferimento di una parte dell’amministrazione, fra cui noi, in un’altra sede, questo aspetto di contatto umano, di scambio coi colleghi, è venuto purtroppo un po’ meno. Ma sono felice perché l’ufficio, dopo qualche travaglio, è adesso un gruppo molto valido e collaborativo, che affianca a dipendenti storici, come me, personale giovane e motivato. C’è grande collaborazione, e siamo supportati anche da consulenti esterni preziosi, come il Dottor Ferrara, il nostro commercialista.

E cosa puoi dirci rispetto allo spirito della Cooperativa? In che modo entrano in gioco i valori Frassati nel vostro impegno?

Beh ovviamente noi ci sentiamo chiamati esattamente come gli altri a rappresentare quei valori. In primis negli aspetti di rigore e trasparenza che il nostro ruolo nello specifico comporta.

La contabilità è un centro di raccolta dati. Il nostro rapporto è coi numeri anziché con le persone. Ma da come siamo capaci di gestire quei numeri dipende la quotidianità di tante persone: gli utenti dei servizi, in primis, e poi i lavoratori. I dati che riceviamo vengono elaborati e trasformati in un “feedback” che trasmette una visione della Cooperativa verso l’esterno: ai clienti, ai committenti, a tutti i nostri stakeholders. Per noi è cruciale che questa visione sia sempre positiva, affidabile.

Il nostro lavoro si fonda sulla precisione e tende alla perfezione ancora più degli altri, perché le cifre non sono qualcosa di opinabile, con la matematica non si scherza. Poi ovviamente siamo esseri umani e qualche sbaglio lo commettiamo. Per fortuna c’è sempre un controllo di gestione interno e poi un controllo esterno da parte di chi certifica il bilancio.

Ecco, il bilancio. Il vostro “bambino”, in un certo senso.

Nel senso che ogni anno è… un parto!

Abbiamo diciassette pagine di voci di bilancio. Ognuna con la sua sequela di cifre da far parlare. Perché i numeri parlano, dicono tante cose! A patto che noi sappiamo ascoltarli e maturiamo la sensibilità di collocarli là dove esprimono al meglio ciò che hanno a da dire. Ogni singola voce racconta cose interessanti sull’andamento dei servizi e della Cooperativa tutta. A volte ci dice anche che serve aggiustare il tiro, introdurre dei cambiamenti. Potremmo fare l’esempio dei mutui per l’acquisto degli immobili, che oggi col rialzo dei tassi incidono più di prima: come reagiamo?

L’esame dei dati contabili orienta, da sempre, anche le scelte “politiche” e di sviluppo della Cooperativa. E non potrebbe essere altrimenti, dato lo spirito che ci contraddistingue, l’imperativo di essere sempre solventi e affidabili.

Ti aspettavi la nomina a responsabile? Come l’hai vissuta?

Non me l’aspettavo per niente ma non ho avuto dubbi nell’accettare la sfida. Un po’ d’incertezza, confesso, è venuta dopo, per il grande carico – anche emotivo – che mi sono trovata a gestire, malgrado la collaborazione della collega di cui ho preso il posto. Eravamo verso la fine dell’anno, c’era appunto da preparare il bilancio, da seguire il passaggio di consegne con chi mi avrebbe sostituita, da reimpostare il rapporto con i compagni di ufficio, alcuni davvero affettuosi e comprensivi, ma non proprio tutti.

Mi sono sentita spesso in affanno, in ritardo, incapace di tenere sotto controllo ogni cosa. Forse è fisiologico attraversare un periodo del genere, con un cambiamento così grande. Inoltre, da qualche mese c’è stato anche un riassetto complessivo della squadra, ma ora siamo affiatati! Ancora non riusciamo a fare tutto quello che vorremmo nei tempi in cui lo vorremmo. Ma, anche se abituati a maneggiare i numeri, non siamo macchine… Possiamo migliorare, giorno per giorno.

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